Psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente

Possiamo pensare allo span di vita come ad un susseguirsi di età cerniera (in corrispondenza dei momenti che segnano uno ‘snodo’ nell’esistenza) che impongono una forte ristrutturazione del Sé, un riorientamento del proprio modo di ‘trattare’ le emozioni e un’espansione del ‘contenitore mentale’.
L’adolescenza è forse la prima e la più complessa delle età cerniera, lungo ponte verso la vita adulta, ma anche stato della mente che può ripresentarsi durante l’arco di vita.
Nell’adolescenza il cambiamento psichico è sospinto da aspetti biologici che inesorabilmente e con ritmi serrati modificano il corpo rendendolo sessuato e il sistema nervoso centrale implementandone le interconnessioni. La fase evolutiva è connotata da un costante e lungo lavoro del lutto di immagini del Sé infantili e dipendenti e da un progressivo aprirsi al confronto con i pari e a nuove situazioni sociali e relazionali.
Nell’adolescenza è come se il continuo slancio verso ciò che è sconosciuto fosse controbilanciato dal rifugiarsi temporaneo in immagini di Sé non più attuali creando talvolta un inquietante effetto discronico.

La terapia dell’adolescente richiede al terapeuta di essere in grado di tollerare l’alternanza di immagini e stati del Sé che il giovane porta in seduta e lavorare in un setting ‘a geometria varabile’ pronto ad allargarsi e restringersi: in stanza potranno anche entrare i genitori o in alcuni casi la ‘voce’ delle istituzioni in cui si svolge la vita dell’adolescente.
Se la terapia evolve, genitori, educatori e contatti istituzionali del giovane verranno progressivamente trasformati in personaggi di una narrazione che via via diverrà ‘interna alla stanza’, personaggi che rappresentano parti emotive scisse che ‘bussano alla porta’ e chiedono cittadinanza.

Come inizia la terapia con l’adolescente?

Una domanda che mi pongono parecchi genitori: come inizia la terapia con l’adolescente? Chi si presenta al primo colloquio?
L’esperienza di quasi quindici anni di lavoro con ragazzi e ragazze mi suggerisce che non c’è una modalità standard per iniziare e che ogni caso è specifico.
In genere i giovani vicini alla maggiore età iniziano il percorso senza un incontro preliminare con i genitori che verranno poi coinvolti (se necessario) in alcune tappe/snodi del percorso.
Nel caso di preadolescenti o adolescenti non è insolito fare il primo colloquio con i genitori o assieme ai genitori per creare un clima facilitante ad accogliere/raccogliere la storia familiare e personale del/la giovane.
Si lavora inizialmente con i genitori dell’adolescente anche quando va accolta ed elaborata una ‘storia istituzionale’ complessa, se il dolore mentale ha richiesto ospedalizzazioni, percorsi diagnostici e terapeutici, se sono emerse problematiche scolastiche di rilievo.
Si lavora in una consultazione breve solo con i genitori se il giovane non è disponibile ad affrontare un percorso terapeutico; in quel caso la dimensione adolescenziale viene pensata come un coagulo di ‘emozioni indigerite’ che si può inizialmente affrontare nel piccolo gruppo a tre composto dal terapeuta e dai genitori.

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